Aspetti Psicologici

Problemi psicologici e psicopatologici

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Dott. Tommaso Carlesi Psicologo

Problemi psicologici e psicopatologici

In questi ultimi anni sono stati fatti molti progressi in campo pediatrico in special modo dal punto di vista della salute fisica del bambino ricoverato in ospedale, infatti la messa a punto di tecniche diagnostiche altamente sensibili e l'applicazione di terapie di recente concezione hanno portato ad un miglioramento delle possibilità  terapeutiche da parte dei medici. Già  da tempo però psicologi, psicoterapeuti, pediatri, psichiatri, ed altri operatori sociali hanno iniziato a porre l'attenzione sui pericoli derivanti dal trauma emotivo che accompagna l'ospedalizzazione in special modo in età  infantile.

Il primo aspetto da tenere in considerazione al momento del ricovero è proprio l'allontanamento del minore dal proprio nucleo familiare, in special modo sarebbe essenziale ridurre al minimo la separazione tra il bambino e la figura materna, che può determinare a distanza di tempo disturbi del comportamento di varia intensità . Infatti la relazione madre/bambino può essere considerata cronologicamente il primo sistema di tirocinio socioculturale per il processo di socializzazione. Questa relazione, fino a poco tempo fa, impostata unicamente su fenomeni di natura biologica e quindi universalizzabile nelle sue modalità , viene oggi valutata come una entità  variabile in funzione della cultura e della società  in cui si esplica.

Può essere interessante fare un brevissimo excursus storico per spiegare le motivazioni che in passato hanno portato all'allontanamento delle figure parentali dalle corsie degli ospedali pediatrici e per capire come mai adesso invece si tende a reinserirle, a mio parere a ragione, all'interno delle stesse. Del resto questa separazione non èsempre stata la consuetudine del nostro tipo di assistenza sanitaria, infatti essa è in larga misura derivata dal progressivo miglioramento attuato negli ospedali delle norme igieniche. Fino alla fine dell'Ottocento l'ospedalizzazione della madre, conseguente al ricovero del figlio, era infatti attuata normalmente in tutti gli ospedali. Alle madri l'ingresso in ospedale è stato impedito solo in seguito, soprattutto nei primi anni del Novecento quando la presenza di un'elevata mortalità  e morbilità nei neonati e nei lattanti fece pensare che ciò fosse dovuto alla presenza dei parenti in corsia e fece adottare misure di isolamento e di igiene più rigorose. Studi successivi, quali quelli promossi dall'americano Miller, dimostrano che l'assistenza ai prematuri attuata a casa portava ad un tasso di mortalità  solo poco più elevato di quello che si aveva negli ospedali che attuavano strette misure di isolamento. L'assistenza sanitaria ha fatto sì che si cristallizzassero certi criteri di strutturazione ospedaliera, tanto che nella costruzione di nuovi edifici non è stata quasi mai considerata la possibilità  di alloggiare la madre, confermando, di fatto, il vecchio divieto secondo cui ciò non era possibile per il rispetto di norme igieniche. Dai primi del novecento evidentemente sono ormai trascorsi cento anni e le tecniche di sterilizzazione e le profilassi di tipo igienico si sono ovviamente evolute, tanto da non giustificare più l'allontanamento obbligatorio delle figure genitoriali, se non in casi eccezionali. Questa nuova situazione ha permesso da anni in vari paesi occidentali, non solo di reinserire le madri o i padri all'interno delle corsie dei reparti di pediatria, ma di far loro assumere un ruolo che non sia solo assistenziale, ma parte integrante del processo di cura e guarigione del bambino. I piccoli infatti si trovano a vivere situazioni di forte disagio e sofferenza che solo la presenza delle figure di attaccamento può riuscire a lenire e non solo anche a prevenire problemi per la vita futura.

Lo psicologo assume, così, un ruolo fondamentale, per le sue competenze, nel sostenere e guidare una ristrutturazione del modello pediatrico tradizionale, che sia centrata sul bambino e non sul personale sanitario o sulle istituzioni sanitarie. Si tratta di incoraggiare l'avvicinamento alla sofferenza del bambino, per favorire una migliore disponibilità  all'ascolto e al dialogo e di favorire il contatto con la vita emotiva, per la comprensione e l'elaborazione dei sentimenti propri ed altrui che possono circolare nella relazione con il bambino in difficoltà  e con gli adulti attorno a lui.


Aspetti emotivi dell'ospedalizzazione del bambino


I sentimenti vissuti da questi piccoli sottoposti a pratiche mediche, sono molteplici e comprendono l'ansia, la paura, il dolore, la rabbia. Talvolta, questi bambini attraversano dei veri e propri stati di "depressione" e sono comuni anche dei periodi di regresso, causati dall'evoluzione della malattia che si accanisce su questi piccoli. I bambini in queste condizioni, non percepiscono soltanto ciò che accade in loro, ma percepiscono anche i sentimenti di rabbia, di impotenza e di dolore vissuti dai loro familiari che si ritrovano privi di armi, spaventati e angosciati, di fronte a questa situazione così, complessa. Il bambino sofferente prova anche dei sentimenti verso il personale sanitario e, spesso, sono caratterizzati da diffidenza e da sospetto, in quanto sono proprio queste figure ad essere considerate pericolose e minacciose. L'ospedalizzazione crea un turbamento nelle abitudini e nel modo di vivere del bambino con alterazioni dei suoi rapporti familiari e sociali. Le terapie a cui si sottopongono questi bambini comportano anche dei cambiamenti a livello fisico. L'aumento del peso, l'affaticamento durante le pratiche ludiche, a volte rischiano di rendere più difficoltose le relazioni con i coetanei perchè questi bambini vengono percepiti come "diversi". Il tipo di reazione alla malattia e le difficoltà psicologiche incontrate dipendono dal grado di maturazione effettiva raggiunta, dall'età , dal carattere acuto o cronico, benigno o maligno della malattia stessa, ma in special modo dall'atteggiamento della famiglia, dal clima emotivo nel quale i bambini e i loro genitori si trovano. Risulta essenziale infatti che nella coppia si riesca far "fronte comune" nel gestire un momento così complesso per tutto il nucleo familiare.

Prima di andare ad esporre nel dettaglio le varie problematiche che questi "nostri" piccoli e i loro familiari, possono dover affrontare nel caso di ospedalizzazioni più o meno lunghe e frequenti, ritengo sia molto importante precisare che quanto qui riportato ha un valore puramente indicativo e che come ogni generalizzazione è soggetto ad imprecisioni. Ogni bambino, ogni padre ed ogni madre sono differenti e il riportare qui di seguito quello a cui si può andare incontro non significa che dovrà  per forza avvenire in questi modi e tempi. L'utilità  di queste informazioni è  di prevenire l'insorgere di alcune problematiche, partendo proprio dalla consapevolezza che conoscendole si possono aggirare, contenere e sicuramente risolvere, a mio modesto parere in special modo se seguiti da validi professionisti (pediatri, psicologi, psicoterapeuti e operatori del sociale in genere).

Non bisogna inoltre mai dimenticare che le famiglie sono sistemi veri e propri e che la sofferenza o il disagio di uno di essi si riversa inevitabilmente sugli altri, per questo torno a ribadire l'importanza di una visione d'insieme di queste problematiche che possa vedere come un'unica entità  il sistema bambino-famiglia con il sistema ospedale nel suo complesso.